Nel primo incontro Elisa ha diviso in due gruppi gli alunni: al primo gruppo è stato consegnato un cartellone con scritta la parola “conflitto” e al secondo “guerra”. Entrambi i gruppi dovevano trovare dei sinonimi di questi due termini e una volta finito, i volontari hanno spiegato la differenza. Il conflitto avviene quando non c’è dialogo e da lì si può passare alla violenza, in questo caso avviene la guerra, che può portare alla morte di molte persone. Per le classi questo argomento è stato molto istruttivo perché non avevano mai riflettuto così profondamente su queste due parole.
In seguito gli alunni hanno completato un cartellone riguardo la vita e i pensieri dei seguenti costruttori di pace: Malala Yousafzai, Nelson Mandela, Martin Luther King, Carlo Urbani e San Suu Kyi. Infine hanno ascoltato la canzone “Pensa”di Fabrizio Moro, che parla della guerra e del fatto che bisogna pensare prima di agire. Nel secondo incontro ogni ragazzo rappresentava il presidente di uno Stato per imitare al meglio un dibattito dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) e si doveva dire i diritti presenti e assenti in quel territorio. Dopo questa discussione è emerso che molti Stati sono privi di alcuni diritti fondamentali. In seguito i ragazzi hanno riflettuto sul significato di alcuni termini: confini, limiti e muri.
Questo incontro ha fatto riflettere gli alunni sulla parola libertà come un diritto fondamentale.
Nel terzo e ultimo incontro si è avuta la possibilità di conoscere due profughi che vengono accolti dalla CARITAS sotto vari punti di vista, come quello alimentare e culturale.
Il primo proviene dalla Nigeria, è da due anni che vive in Italia ed è dovuto fuggire, lasciando la famiglia e gli amici nel suo paese natale, a causa dell’ intolleranza religiosa. Il viaggio è stato duro, ha impiegato circa due settimane per arrivare in Libia dove è stato costretto a rimanere per tre mesi, a causa di problemi politici, prima di arrivare in Sicilia e successivamente nelle Marche.
Il secondo, invece, proviene dal Pakistan in cui ha lavorato come avvocato per dieci anni, fino a quando un giorno un gruppo di persone ha iniziato a minacciare lui e la sua famiglia. Per questo motivo è stato costretto a scappare in Italia. Entrambi i profughi si tengono in contatto con la loro famiglia e ne sentono la mancanza.
L’incontro è stato molto significativo dal punto di vista culturale e morale perché ha fatto aprire gli occhi su quelle che sono le difficoltà che incontrano gli immigrati.