Il Carcere è una realtà che raramente entra a scuola. Per quale motivo?
Forse perché “dentro” c’è chi ha fatto errori gravi? Forse perché è sconveniente parlare ai bambini di “certe cose”? Eppure dentro alle carceri ci sono PERSONE; non dobbiamo dimenticarlo! Persone che, pur avendo commesso errori, restano comunque uomini, donne, ragazzi…a volte bambini!
Papa Francesco parla spesso di “SCARTO”…
Noi bambini abbiamo ragionato su questo concetto in classe e abbiamo constatato che ragionare in termini di “scarto” non è logico, non è democratico, non è altruistico, secondo la maestra non è neanche pedagogico, insomma, è molto distante dal concetto di libertà! Però abbiamo constatato che non è neanche qualcosa che appartiene a noi bambini! Noi piccoli umani, non nasciamo con il concetto di SCARTO, impariamo successivamente a “scartare”, sull’esempio degli adulti. Allora occorre che gli adulti facciano attenzione all’esempio che danno; sappiamo che non è facile! Il “mestiere” di mamma, di papà, di nonno, di nonna, di maestra o maestro non è semplice, non si nasce “imparati” e a volte ci si perfeziona col tempo, aggiustando il tiro dopo errori.
Noi bambini della classe 4^C abbiamo intrapreso da due anni una corrispondenza epistolare con un detenuto del carcere di Montacuto, qui non staremo a dire il nome, anche perchè lui ci ha messo un anno prima di dircelo! Ma noi abbiamo aspettato, pazientemente, rispettando i suoi tempi, che sono molto diversi dai nostri, perché il tempo in carcere non scorre uguale a chi vive in piena libertà e viene percepito in modo diverso! Lì non c’è la frenesia che avvolge spesso i nostri giorni, quelli dei nostri genitori o dei nostri insegnanti.
La cosa fondamentale che abbiamo chiarito a priori con la maestra, prima di intraprendere questa corrispondenza, è stata la COSTANZA: l’importante, se si decide di scrivere ad un detenuto, è di non interrompere lo scambio per pigrizia o perchè magari si è cambiato idea e ci si stanca di tutto. Per lui sarà come un abbandono e non può permetterselo! Perché chi è dentro ha già sofferto e soffre; non ha bisogno di ulteriori sofferenze, come non ha bisogni di inutili pietismi! Noi bambini gli portiamo tutta la nostra innocenza, la nostra trasparenza; come dice la maestra: siamo la parte più incontaminata e bella del mondo! Quindi vogliamo far entrare oltre le sbarre questa bellezza ed offrirla a chi ne vede poca nella sua vita. La bellezza poi si sa è contagiosa (e soprattutto non costa nulla!), quindi va a colorare, magari a sfumare, i lunghi giorni di un detenuto. Il nostro amico, dal canto suo, ci porta la franchezza; i suoi racconti hanno smontato molti luoghi comuni o stereotipi legati al carcere o ai detenuti, ora sappiamo come funziona la vita lì dentro, come sono organizzate le giornate. Non è un bel posto; potrebbe essere migliore! Sebbene ci consola sapere che anche lì ci sono spiragli di umanità e di solidarietà. A volte ci scrive cose molto profonde e ci dà degli insegnamenti, altre volte ci dice cose che richiedono una riflessione in classe con la maestra.
Quello che alla fine ne emerge è uno scambio equo, tra persone; tra un ragazzo (perchè questo è) e una classe di bambini di scuola primaria. Tutto ciò è un esercizio di cittadinanza attiva, di democrazia, di cura, di rispetto. Rappresenta la volontà a non sottostare ad un illogico modo di guardare le cose senza conoscerle “dal di dentro”. Per conoscere occorre ESPERIRE!
Noi bambini possiamo molto, a differenza di quanto spesso si crede, infatti abbiamo capito che in questo caso non potevamo prenderci cura materialmente, ma le nostre parole possono curare più dei gesti e, se ascoltate, hanno il potere di divenire una via di salvezza.
Fate la differenza!
Opera collettiva realizzata da tutti noi per il nostro amico.
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