I giorni 3-5-10 dicembre 2019,  le classi terze della scuola media M.L. Patrizi di Recanati si sono recate al Museo Regionale dell’Emigrazione marchigiana, che si trova presso Villa Colloredo Mels. Appena arrivati sono stati accolti dalla guida che li ha accompagnati nelle varie sale del museo. Nella prima stanza hanno visto delle gigantografie e dei video con immagini dei principali luoghi da cui partivano i migranti, come la campagna, i porti di Genova e Napoli. È presente una simulazione di una casa di campagna tra la fine dell’ ‘800 e gli inizi dell’ ‘900 con i vari oggetti dell’epoca: “il prete” e “la monaca”, che servivano per tenere il letto caldo durante la notte, il ferro da stiro e una piccola macina per ricavare la farina dalle ghiande,  poiché la farina di grano era troppo costosa.

 

La popolazione rurale a quel tempo si sfamava con difficoltà: esisteva la mezzadria, un contratto agrario in cui gran parte del raccolto veniva dato al padrone, al proprietario terriero. Prima di arrivare nelle altre sale, i ragazzi sono scesi per una rampa di scale, sulla quale si sono fermati per ascoltare le spiegazioni della guida. “Le persone che volevano emigrare si procuravano i biglietti per il viaggio in vari modi. I ceti più alti potevano permettersi viaggi migliori ma con un costo maggiore; altri usufruivano di biglietti prepagati da datori di lavoro veri o fittizi.

 

Una volta arrivati alcuni venivano sfruttati, perché dovevano ripagarsi il biglietto e difficilmente riuscivano a sanare il debito. Infine i ceti più bassi   prendevano i biglietti che costavano meno ma viaggiavano in terza classe con cibo di scarsa qualità e in condizioni precarie e malsane. In quegli anni, i truffatori trovarono una bella occasione per rubare qualche soldo, ovvero quella di far credere  agli emigranti di essere sbarcati nella loro ambita destinazione, non dicendo  che si trovavano in un’altra terra, come il caso di una persona che, invece di sbarcare negli Stati Uniti, si era trovata in Sicilia”. Percorse le scale, gli alunni si sono trovati in un’altra sala, dove si nota un treno finto, in cui diversi nostri connazionali narrano la loro storia, i loro problemi, la felicità e le  speranze per  un futuro migliore.

 

 

Uno di essi ha  raccontato di quando era emigrato a Buenos Aires per garantire alla sua famiglia una vita  decorosa. Il suo lungo viaggio in mare era stato pieno di rischi e, pur essendo l’arrivo e l’inserimento molto travagliati, alla fine aveva scelto di rimanere lì, sposandosi però con una italiana. Discendente di questo personaggio è il famoso giocatore di calcio Lionel Messi. Dopo questo racconto, così coinvolgente, i ragazzi hanno potuto toccare oggetti usati in miniera, in Belgio, dai minatori marchigiani come il piccone, il casco. Il lavoro era molto duro: ore ed ore sottoterra   con poco ossigeno e tanti rischi per la salute. All’interno del museo, si trova, inoltre, un touch screen dove sono visibili passaporti, documenti, foto dell’epoca… Leggendo qualche lettera, con una calligrafia particolare, poco usuale tra le nuove generazioni, si è potuto capire meglio lo stato d’animo dell’emigrato e quanto forte fosse il legame con il paese di origine. Interessante è stato notare la scelta delle parole, sempre positive, al fine di non far preoccupare i parenti, rassicurandoli sulla nuova vita.

 

 Novità assoluta è stato vedere da vicino un organetto, uno strumento che i marchigiani portavano con sé per suonare canzoni tipiche delle tradizioni e delle feste del luogo di nascita. L’organetto è simile alla fisarmonica ma senza la tastiera, si usava ad esempio per il ballo denominato Saltarello. Una parete, poi, è riservata a volti di donne, che, emigrando da sole o con la famiglia, rappresentano una forte richiesta di parità dei diritti e una volontà di emancipazione femminile.  Il museo è ricco di testimonianze del passato ed è facile ricercare su un maxi schermo, nel sito CISEI, informazioni sui propri parenti emigrati in vari paesi del mondo. In effetti ogni famiglia ha un membro, che nel passato ha fatto questa coraggiosa esperienza di abbandonare la propria casa, il proprio paese alla ricerca di un benessere economico e sociale. Nei giorni precedenti alla visita, a scuola, si è riflettuto sull’argomento grazie anche alla lezione, davvero interessante, dello storico, prof. Marco Moroni. Quest’ultimo ha raccontato del suo contributo nella realizzazione del museo, che è stato inaugurato nel 2013. Emozionante, ancor più, per i ragazzi è stato l’immedesimarsi con i migranti, entrando in una cuccetta di un piroscafo e sedersi sul letto, dove potevano riposare i ceti più agiati, durante la lunga traversata oltre oceano.

Scritto da:
Benedetta C., Irene P., Matilde S., Leonardo V.
I contenuti di questa pagina sono stati utili o di tuo gradimento?
No
Skip to content